EMISFERO CHE VAI, SPRECO CHE TROVI
E’ di poche settimane fa la pubblicazione di uno studio condotto dalla USC, rinomata università Australiana, sulle dimensioni dello spreco ortofrutticolo (nella fattispecie si parla di pomodori), causato da criteri estetici imposti dalla grande distribuzione. Vi suona familiare??
I ricercatori universitari del Queensland, guidati dalla scienziata Tara McKenzie, hanno preso in esame due catene di approvvigionamento della Bundaberg, una delle regioni australiane più grandi ed importanti per la coltivazione del pomodoro e hanno scoperto che l’87% dei pomodori raccolti perfettamente integri e commestibili vengono respinti dalla grande distribuzione a causa di “difetti” estetici.
Al fine di identificare quali fossero le fasi e le pratiche maggiormente responsabili dello scarto, il team di studiosi ha monitorato e quantificato le perdite della filiera nel suo complesso, partendo dai campi fino ad arrivare ai supermercati: raccolta, smistamento e movimentazione, trasporto, stoccaggio e standard richiesti dai supermercati.
“Ad ogni livello della filiera – riporta McKenzie – dalla raccolta al posizionamento sugli scaffali del supermercato, ogni pomodoro commestibile, ma leggermente irregolare nella forma o segnato sulla buccia o fuori misura (troppo piccolo/troppo grande), è stato rifiutato e scartato perché non consono ai requisiti estetici richiesti dal mercato, che vuole solo prodotti premium e immacolati”.
Le perdite più elevate, come succede nel resto del mondo e in Italia, si sono verificate nei campi e durante il confezionamento, dove la meccanizzazione e la classificazione automatica dei prodotti (calibri ottici, e linee di controllo computerizzate) hanno permesso alle aziende agricole di rispettare rigorosamente la politica e gli standard della grande distribuzione.
IL RISULTATO?
Tra il 70 e l’84 per cento dei pomodori prodotti vengono lasciati nei campi, e solo il 45-60 per cento dei quelli conferiti alle cooperative/grossisti e quindi entrate in filiera, raggiungono i consumatori (il resto viene utilizzato come concime, mangime animale o mandato in discarica).
Non serve essere analisti finanziari o economisti per capire che, per i produttori coinvolti, considerando i costi di manodopera, macchinari e trasporti, sarebbe stato più conveniente non fare del tutto la raccolta.
Conclude la McKenzie: “Questo sistema è inaccettabile, sia per la produzione insostenibile di spreco, sia perché la capacità dei supermercati di imporre i propri standard e di rifiutare bancali di prodotti per una sola macchia sulla buccia, dà loro un grosso potere nei confronti dei fornitori e dei grossisti primari, arrivando spesso a schiacciare gli agricoltori. Ne è la riprova il fatto che uno dei produttori più grossi coinvolti nella nostra ricerca, vista l’insostenibilità dei costi di produzione rispetto ai guadagni, abbia dovuto dismettere completamente la propria piantagione”.
Che dire: le notizie non sono delle migliori neanche dall’altro capo del mondo, o se vogliamo metterci un pizzico di qualunquismo “tutto il mondo è paese”, ma le soluzioni ci sono e valgono a qualsiasi latitudine!
Certo il consiglio migliore non è quello di abbandonare tutto per mettersi a vendere frutta bacata…(ogni riferimento a nomi e persone è puramente casuale ?)…ma quello di scegliere frutta e verdura privilegiando la qualità rispetto all’apparenza, sì, soprattutto quando è…Bella Dentro!
Fake Alert! La foto che vedete in apertura (scattata da noi), non ritrae pomodori australiani, ma italiani, anche loro ovviamente scartati, nonostante siano mooolto più buoni di quelli australiani…il fatto è che ci siamo alzati tardi e abbiamo perso l’ultima coincidenza per Brisbane, così abbiamo preso quella per Faenza… non capiterà più, scusate!
Mattone Alert! Se avete voglia di leggervi la pubblicazione ufficiale ed integrale dello studio eccola qui: leggi